Il “legal privilege” è un principio che protegge la confidenzialità delle comunicazioni tra un avvocato e il suo cliente: si tratta di un elemento fondamentale nel sistema legale di molti paesi, compresi gli Stati Uniti, avendo l’obiettivo di promuovere la libera comunicazione tra un cliente e il suo avvocato, in modo che quest’ultimo possa fornire consulenza legale efficace e completa.

I punti-chiave del legal privilege includono l’evidenza di una confidenzialità, per cui le comunicazioni tra un cliente e il suo avvocato devono essere mantenute private e non possono essere divulgate a terzi senza il consenso del cliente, o altresì la protezione dalla testimonianza coattiva, impendendo che un avvocato sia costretto a testimoniare contro il suo cliente in tribunale per quanto riguarda le comunicazioni confidenziali tra di loro (ciò consente al cliente di comunicare apertamente con l’avvocato senza il timore che le informazioni possano essere utilizzate contro di lui in un procedimento legale).

In molti casi, il legal privilege impedisce che le comunicazioni tra l’avvocato e il cliente siano divulgate anche in risposta a richieste di informazioni da parte di terzi o autorità governative ed infine tale principio è volto a garantire che gli avvocati possano fornire una consulenza legale efficace ai loro clienti. Di fatto, senza questa protezione, i clienti potrebbero esitare a condividere tutte le informazioni necessarie con i loro avvocati per paura di una divulgazione involontaria.

In sintesi, quando si parla di legal privilege, si fa riferimento alla tutela del segreto professionale riconosciuta agli avvocati: esso riguarda la corrispondenza scambiata con i clienti in ambito legale, come indagini penali, azioni collettive e normativa antiriciclaggio.

Ponendo rilievo ad una visione sovranazionale di questo principio, è importante ricordare che si è sviluppato un rafforzamento della legislazione dell’Unione europea per contrastare il riciclaggio di capitali illeciti, principalmente a seguito degli attentati dell’11 settembre 2001. Sono state introdotte direttive, come la 2001/97/CE e la 2005/60/CE, che impongono obblighi di comunicazione per i professionisti che entrano in contatto con transazioni economiche sospette che potrebbero costituire il reato di riciclaggio di capitali. Tuttavia, la natura e il contenuto di tali obblighi sollevano dubbi sulla loro legittimità, soprattutto quando riguardano avvocati e consulenti legali indipendenti. Questo perché gli ordinamenti giuridici degli Stati membri dell’UE riconoscono privilegi e situazioni di favore per gli avvocati e i consulenti legali indipendenti, al fine di proteggere la riservatezza delle informazioni comunicate dai clienti.

Questi privilegi sono basati su due tradizioni legali diverse: il “Legal Professional Privilege” negli ordinamenti anglosassoni e di Common law, e il “Secret professionnel” nelle grandi codificazioni continentali. Tuttavia, queste tradizioni hanno trovato un terreno comune nell’ordinamento giuridico europeo derivante dai Trattati comunitari e dalla Convenzione europea per i diritti dell’uomo. Il privilegio riconosciuto agli avvocati è considerato uno strumento necessario per un sistema giudiziario efficiente ed equo.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto l’esistenza di un “legal privilege”, considerandolo funzionale a una corretta amministrazione della giustizia. Circa il suo riconoscimento come principio del diritto comunitario, una tappa fondamentale nell’affermazione della sua esistenza è rappresentata dalla sentenza AM&S Europe, dove la Corte di giustizia pone una precisa analisi degli ordinamenti giuridici degli Stati membri giungendo alla conclusione secondo cui: “[…]Il diritto comunitario, derivante da una compenetrazione non soltanto economica, ma anche giuridica, fra gli Stati membri, deve tener conto dei principi e delle concezioni comuni ai diritti di questi Stati per quanto riguarda il rispetto della riservatezza relativamente, fra l’altro, a talune comunicazioni fra gli avvocati ed i loro clienti. Questa riservatezza risponde infatti all’esigenza, la cui importanza è riconosciuta in tutti gli Stati membri,di garantire a chiunque la possibilità di rivolgersi con piena libertà al proprio avvocato, la cui professione implica per natura il compito di dare, in modo indipendente, pareri giuridici a chiunque ne abbia bisogno”.

Alla luce del decreto legislativo n. 3/2017, il legal privilege consiste nella tutela del segreto professionale riconosciuta agli avvocati riguardo alla corrispondenza scambiata con i clienti in ambito legale, come indagini penali, antitrust, azioni collettive e normativa antiriciclaggio. Viene sottolineato che il legal privilege appare un elemento fondamentale per il libero esercizio della professione legale in quanto tutela sia il cliente che l’avvocato, rappresenta un principio di legalità e democrazia, e garantisce la privacy del cliente. Tuttavia, il legal privilege in Italia è riconosciuto solo agli avvocati del libero foro e non ai giuristi in-house. Nel Regno Unito i giuristi d’impresa godono del “legal advice privilege“, mentre in Germania e Spagna ci sono stati cambiamenti recenti per estendere il legal privilege anche ai giuristi in-house: negli Stati Uniti, il legal privilege invece copre la consulenza fornita sia dai legali interni che da quelli esterni.

Bisogna, in ogni caso, riportare un passaggio importante, ossia l’introduzione del “legal privilege” per i giuristi d’impresa in Francia: la Cour de Cassation francese ha riconosciuto il diritto alla riservatezza nella corrispondenza aziendale prodotta da un gruppo di avvocati in house in riferimento ad attività di audit. Questa apertura è stata inclusa nel disegno di legge d’orientation et de programmation du ministère de la Justice 2023-2027 (“Projet de loi Justice“). Il testo approvato stabilisce che la consulenza legale fornita dai giuristi d’impresa o dal loro team sotto la loro autorità è riservata: la legge entrerà in vigore dopo essere ritornata in Parlamento ad ottobre e riguarderà tutti i giuristi d’impresa in Francia.

Dunque, come anticipato, a differenza di altri paesi come la Francia, in Italia il legal privilege non è ancora riconosciuto per i giuristi che lavorano in azienda. Secondo Giuseppe Catalano, presidente di Aigi, l’Associazione italiana giuristi d’impresa, il motivo principale è che il diritto al segreto professionale rimane garantito solo agli avvocati iscritti all’albo, mentre i giuristi d’impresa non possono ottenere tale iscrizione anche se hanno superato l’esame. L’Aigi ha sollevato la questione diverse volte, ma senza un effettivo successo, ma pare che attualmente la situazione stia cambiando, poiché la politica sta diventando decisamente più attenta alla figura proprio del giurista d’impresa, riconoscendo il suo ruolo nella competitività economica e nel benessere del paese. Ciò potrebbe influenzare anche gli ordini degli avvocati, che potrebbero iniziare a considerare i giuristi d’impresa meno come concorrenti e l’Aigi sta lavorando per presentare una proposta di legge al Parlamento italiano, che mira a riconoscere ai giuristi d’impresa diritti simili a quelli degli avvocati, inclusa la confidenzialità delle opinioni legali nella corrispondenza aziendale.