Uno degli effetti di quanto accaduto negli USA in occasione dell’assalto a Capitol Hill è stato quello di rimettere al centro del dibattito legislativo ed istituzionale la questione della sovranità digitale. Il ruolo, involontario, e l’influenza dei social network nella vicenda ha spinto molte nazioni ad interrogarsi sul modo di diminuire l’influenza dei giganti della tecnologia e proteggere le informazioni personali dei propri cittadini.

Quanto accaduto si inserisce in un quadro più ampio, che riguarda anche la tutela dei dati conservati al di fuori dei confini nazionali, come dimostra il caso Schrems II, ed appare sempre più probabile che sarà necessario per le big tech attuare nuove leggi regionali affinché le proprie piattaforme mantengano le loro operazioni.

Requisiti unici come il GDPR europeo aggiungono certamente un livello di complessità operativa, che sarebbe meglio servito dall’implementazione di regole generali, che soddisfano i diversi requisiti di ciascuna nazione.

Allargando l’orizzonte a livello globale segnaliamo alcune iniziative nazionali:

· In Turchia, Twitter e Pinterest non hanno nominato dei rappresentati locali, e quindi stanno subendo restrizioni operative

· In India, il governo centrale ha vietato tutte le app di origine cinese, inclusa TikTok, a causa di controversie sui confini con il PCC. TikTok aveva oltre 200 milioni di utenti al momento dell’annuncio del divieto a giugno 2020.

· In Australia, il governo sta adottando nuove normative che costringerebbero Google e Facebook a pagare per l’ utilizzo dei contenuti dagli editori di notizie australiane, con evidente disappunto delle due società.

· In UE si valutano sanzioni per le aziende tecnologiche nel caso in cui non partecipino a una prossima audizione per discutere di politica fiscale e di concorrenza. L’audizione è progettata per aiutare a strutturare condizioni operative nuove e più eque per il mercato digitale in evoluzione.

Un discorso a parte meritano gli Usa, in molti casi paese d’origine dei colossi tecnologici: qui infatti non vanno dimenticati i contrasti molto accentuati con la precedente amministrazione Trump. Tuttavia, con l’avvento della nuova amministrazione, anche sull’onda lunga dei fatti richiamati all’inizio, sarà da verificare la posizione del governo rispetto ai social.

Infine, per tornare a casa nostra, anche se per motivi non direttamente legati alla privacy, il recentissimo caso TikTok – sempre lei – che ha recentemente acconsentito a vietare l’utilizzo della app ai minori di 13 anni.

Pertanto, alla luce di quanto sopra evidenziato, sembra che la strada di fronte alle piattaforme tecnologiche sia quella di adottare versioni correlate a restrizioni regionali più o meno severe, che cambieranno effettivamente il modo in cui operano in ciascuna giurisdizione. Tuttavia avere più versioni di una stessa app, ciascuna sottostante a leggi differentemente modulate, potrebbe non essere una soluzione sostenibile a livello economico e giuridico, e quindi sarà interessante osservare se verrà proposta una strategia globale, che però non sembra di facile progettazione.