Nella notte tra il 14 e il 15 settembre scorsi la blockchain di Ethereum è cambiata in maniera radicale, con una operazione chiamata “The Merge” (la Fusione) che ha determinato il passaggio da una metodologia di raggiungimento del consenso basata sulla Proof of work (POW) a quella Proof of stake (POS).

Le blockchain, infatti, proprio perché database distribuiti, hanno bisogno di metodi per concordare sulla validità delle operazioni effettuate ed aggiungere così nuovi anelli alla catena di blocchi.

Con il metodo POW i miners competono per risolvere più velocemente possibile il calcolo matematico presente in un nodo della catena, al fine di guadagnare la relativa ricompensa e poter aggiungere quel blocco alla serie di transazione già validate. Si tratta di un sistema energivoro, che prevede un consumo di risorse sempre maggiori per eseguire calcoli sempre più complessi in tempi sempre più brevi.

Il proof-of-stake è invece meccanismo di consenso differente, nel quale un validatore è scelto casualmente per creare nuovi blocchi, condividerli con la rete e guadagnare ricompense. Anziché svolgere un intenso lavoro di calcolo, è sufficiente mettere in gioco (staking) i propri ETH nella rete.

Il validatore è determinato appunto da un fattore di randomizzazione, ma contribuiscono alla sua designazione anche l’ammontare della quota depositata e la longevità dello stake (c.d. coin age), cioè da quanto tempo è stato fatto il deposito. La scelta, descritta dalla stessa Ethereum nel suo sito, è basata su motivi energetici che hanno dei riflessi geopolitici ed evidenziano ancora di più la necessità, non più rinviabile, di normative internazionali in materia di criptovalute. Basta guardare a ciò che è successo all’altra criptovaluta per antonomasia, Bitcoin: dopo la promulgazione da parte della Cina di normative fortemente avverse ai criptoasset, quasi tutti i miners presenti nel paese si sono spostati in Kazakistan, stato con un’alta disponibilità energetica; tuttavia i disordini scoppiati nella prima parte dell’anno phanno portato ad una interruzione delle forniture energetiche e a un forte abbassamento del valore del coin, incentivando la ricerca da parte degli stessi miners di un altro “luogo sicuro”, in cui avere a disposizione un gran quantitativo di energia a prezzi competitivi.

Inoltre, da un punto di vista strettamente commerciale, il passaggio POW a POS potrebbe dare a Ethereum un notevole vantaggio competitivo rispetto a Bitcoin, non solo godendo di maggiore apprezzamento a livello nazionale e sovranazionale in quanto più attenta agli aspetti energetici e ambientali, ma anche e soprattutto introducendo l’utilizzo degli smart contract (prodotto esclusivo di Ethereum) nella quotidianità di un gran numero di cittadini per l’esecuzione di operazioni in tempo reale.