Sicurezza, privacy, discriminazione, limitazione della libertà personale sono soltanto alcuni dei principi – mutuati e tutelati dalla Carta etica europea- che potrebbero essere posti in pericolo dalla concreta e quotidiana applicazione dell’AI (acronimo inglese per Artificial Intelligence).

Se è vero infatti che l’AI, a tendere, potrà supportare e coadiuvare l’attività umana, è pur vero che tale applicazione non è esente da pericoli o “sacrifici”.

Tale articolo, però, vuole essere contestualizzato e calato nella realtà che ciascuno di noi sta vivendo: le limitazioni alle quali siamo tutti sottoposti a causa del famigerato virus Covid 19 e analizzare se e come l’AI abbia avuto un ruolo da protagonista nel combattere tale virus.

Nello specifico, si vuole volgere lo sguardo alle modalità attraverso le quali è stato approcciato il problema in Cina e in Italia; si vuole analizzare come l’AI sia stata adoperata e resa protagonista in Cina e come (o come non) sia stata impiegata in Italia per combattere la diffusione del Virus.

Senza avere la supponenza di dettare criteri medici, quello che noi ordinari cittadini – non medici- sappiamo del Covid 19 è che quest’ultimo ha un’estrema capacità di diffondersi attraverso il contagio tra persone che entrano a contatto tra di loro: si è stimato che ogni persona infetta ne possa infettare a sua volta almeno due. Corollario di tale evidenza è stato quello di obbligare i cittadini- tanto nella città di Wuhan e nelle altre colpite, quanto in tutta Italia- ad una reclusione forzata presso le proprie abitazioni; oltre a ciò sono state adottate altre misure di contenimento (chiusura scuole pubbliche, chiusura di pub, ristoranti e pizzerie etc).

Ciascuna delle suddette misure ha come obiettivo primario quello di limitare quanto più possibile gli spostamenti e quindi i contatti tra le persone e conseguentemente, nel modo più categorico possibile, evitare assembramenti.

Ma come si fa? Come può uno “Stato” riuscire a controllare che effettivamente nessuno esca di casa se non per motivi consentiti? Soprattutto possiamo essere cosi controllati? Può trasformarsi la nostra realtà in un “Grande Fratello”?

Ed è proprio qui che interviene la diversa modalità di approccio e di impiego dell’AI.

Cosa è successo e cosa sta succedendo in Cina, a Whan?

Già nel corso degli anni passati la Cina aveva proclamato di aver sviluppato e attuato il più vasto e capillare sistema di sorveglianza al mondo. Nel Paese, infatti, erano state collocate centinaia di migliaia di telecamere e un potentissimo software di riconoscimento facciale in grado di tracciare non solo malviventi ma anche comuni cittadini.

Attraverso tale capillare metodologia di sorveglianza, la Cina è riuscita a far rispettare la quarantena ai soggetti che vi erano sottoposti e a mappare, conseguentemente, i movimenti del “virus”.

Non solo: le telecamere erano inoltre in grado di mettere in evidenza chi non stava indossando l’apposita mascherina ma soprattutto di scansionare la temperatura termica di ciascuna persona in modo tale da individuare chi presentasse febbre.

Last but not least, anche i droni hanno coadiuvato le autorità cinesi nel monitorare dall’alto la situazione permettendo in tal modo di individuare persone che non erano autorizzate ad effettuare spostamenti.

Ma qual è il prezzo di tutto questo?

Se da un lato si è reso possibile arginare il virus e combatterlo con un accurato controllo degli spostamenti delle persone, dall’altro è stata senza dubbio minata la privacy di tutti i cittadini cinesi.

In Cina si è verificata una “pericolosa” interazione tra i più sviluppati sistemi di AI e le libertà fondamentali dell’uomo. E’ pur vero però che, in casi come questi, di assoluta straordinarietà ci si trova costretti ad un obbligato bilanciamenti tra interessi primari che emergono prepotentemente: la tutela della salute privata e pubblica e la libertà/privacy dei cittadini.

E l’Italia?

E’ di qualche giorno fa la notizia che le autorità italiane, in collaborazione con le compagnie telefoniche di rete mobile, hanno iniziato ad analizzare le celle telefoniche per monitorare gli spostamenti che avvengono oltre i 500 mt dalle proprie abitazioni: vengono pertanto rilevati gli spostamenti di persone che hanno cambiato cella telefonica, ovvero che si sono spostati per più di 300-500 metri. Le autorità italiane precisano che tutto ciò è avvenuto nel pieno rispetto della privacy poiché i dati sensibili sono stati tutti oscurati e non resi visibili.

Quello che ne emerge dunque è che senza dubbio la tecnologia e l’elaborazione dei big data da parte della Cina ha avuto un ruolo decisivo e importantissimo nel contrasto al virus; l’altro lato della medaglia, però, è un immenso sacrificio della privacy e delle libertà fondamentali dei singoli.

E in Italia- patria della democrazia- come evolverà la situazione? Siamo pronti a fare i conti con l’Ai per ergerla a difesa della nostra salute privata e pubblica?

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