Processo penale

La pandemia ha portato all’introduzione anche nel processo telematico della tecnologia nell’attività di udienza. Al pari di quanto disposto per il processo civile dal d.l. 18/2020, dal 9 marzo fino al 31 luglio la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare deve essere esperita, ove possibile, mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto

Il provvedimento adottato dalla DGSIA ha previsto che le videoconferenze si svolgano, ove possibile, con l’ordinario strumento tecnologico (ovvero i video collegamenti già allestiti nelle strutture carcerarie e in molte aule di Tribunale), ma in alternativa viene consentito il ricorso a due ulteriori e diversi applicativi messi a disposizione dall’amministrazione per tutti gli utenti del dominio “giustizia” (ma con l’esclusione della magistratura onoraria): Skype for Business e/o Teams Microsoft, ma solo “laddove non sia necessario garantire la fonia riservata tra la persona detenuta, internata o in stato di custodia cautelare ed il suo difensore (art. 3 del provvedimento).

Indagini preliminari

Il collegamento da remoto (videoconferenza) è previsto anche per la fase delle indagini preliminari, nel caso in cui pubblico ministero e giudice decidano di avvalersene per compiere atti che richiedono la partecipazione della persona sottoposta alle indagini, della persona offesa, del difensore, di consulenti, di esperti o di altre persone, nei casi in cui la presenza fisica di costoro non può essere assicurata senza mettere a rischio le esigenze di contenimento della diffusione del virus COVID-19.

Le persone chiamate a partecipare all’atto sono tempestivamente invitate a presentarsi presso il più vicino ufficio di polizia giudiziaria, che abbia in dotazione strumenti idonei ad assicurare il collegamento da remoto. Presso tale ufficio un ufficiale o agente di polizia giudiziaria prima procede alla loro identificazione e poi assiste allo svolgimento dell’attività stabilita, tranne nei casi in cui per garantire il compimento dell’atto rispettando, ove necessario, l’obbligo di riservatezza e la possibilità per la persona sottoposta alle indagini di consultarsi riservatamente con il proprio difensore.

Il difensore può partecipare da remoto mediante collegamento dallo studio legale oppure essere presente nel luogo ove si trova il suo assistito. Il pubblico ufficiale che redige il verbale dà atto nello stesso delle modalità di collegamento da remoto utilizzate, delle modalità con cui si accerta l’identità dei soggetti partecipanti e di tutte le ulteriori operazioni, nonché della impossibilità dei soggetti non presenti fisicamente di sottoscrivere il verbale, ai sensi dell’articolo 137, comma 2, del codice di procedura penale.

Sono escluse dalle modalità da remoto l’intera istruttoria dibattimentale, delle discussioni e delle conseguenti camere di consiglio (dl n. 28 del 30 aprile 2020 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 111 del 30 aprile 2020), modificando le norme, entrate in vigore il 29 aprile, della conversione in legge del decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020.

Deposito telematico

Per quanto riguarda invece il deposito telematico degli atti, il recentissimo decreto emanato dal Ministero della Giustizia il 9 giugno 2020, pubblicato con il numero 147/2020 nella GU, ha disposto per gli avvocati la possibilità di deposito telematico di memorie e istanze delle difese presso il pubblico ministero che abbia concluso le indagini preliminari.

Questa disposizione, che vedrà partire per prima la Procura di Napoli il 25 giugno, prevede per gli avvocati la possibilità di operare tali depositi senza produrre e depositare ulteriormente il cartaceo, con l’obiettivo di massimizzare il sistema e tentare di ridurre i tempi della giustizia.

Sicuramente si tratta di una novità rilevante, che utilizza le circostanze del Covid come opportunità per iniziare un percorso di digitalizzazione simile a quello intrapreso dalla giustizia civile, che osserveremo con interesse nel suo sviluppo.

 

Leggi tutti gli articoli della rubrica