Purtroppo sono molti gli scenari di conflitto attualmente attivi nel mondo, a testimonianza di rapporti internazionali non facili e senza dubbio esacerbati anche dal perdurare della pandemia, che sta mettendo a dura prova le economie di tutti i paesi.

Tra gli scenari più strettamente collegati ai temi delle nuove tecnologie c’è quello recentemente aperto in Kazakistan, al momento – per fortuna – non per l’utilizzo di armamenti, ma per un evento che potrebbe essere definito un “danno collaterale” in gergo militare, ma che ha un impatto molto maggiore sulla nostra società di quanto si pensi.

La ex repubblica sovietica, infatti, è il secondo più grande produttore di valute digitali del mondo dopo gli Stati Uniti, ma, a causa delle forti proteste degli ultimi giorni, il governo ha deciso di interrompere i collegamenti internet per motivi di ordine pubblico nelle principali attività del paese.

Conseguenza diretta di questa decisione è la diminuzione di circa il 15% delle attività di mining di criptovalute mondiali e la diminuzione del valore dei bitcoin di circa l’8%, raggiungendo i 43mila dollari per la prima volta da settembre.

Il Kazakistan è infatti un luogo perfetto per tutti i soggetti che svolgono attività di mining, il processo di calcolo usato per creare nuove monete digitali e mantenere registro di tutte le transazioni, a causa della posizione centrale tra Europa e Asia e alle grandi possibilità energetiche del paese.

Questo ha permesso al paese di attrarre la maggior parte degli operatori costretti a lasciare la Cina dopo il divieto di estrarre criptovalute imposto dal governo di Xi Jinping a maggio 2021, che ora potrebbero essere costretti a una nuova migrazione, probabilmente verso gli USA.

Tuttavia, per il mercato delle criptovalute, il nuovo cambiamento potrebbe essere positivo da un punto di vista ambientale: infatti, mentre il Kazakistan vanta un gran numero di centrali a carbone, negli USA l’energia impiegata potrebbe essere tratta da fonti meno inquinanti, andando quindi a ridurre l’impronta di carbonio delle criptovalute.

I fatti suggeriscono pertanto due tipi di considerazioni: le criptovalute si muovono, e continueranno a farlo, sempre alla ricerca delle giurisdizioni per loro più favorevoli, non essendo direttamente legate ad alcuna materia prima. Tuttavia, sono indissolubilmente legate all’energia necessaria per la loro produzione e immissione nel mercato, ragione per cui il tema della sostenibilità energetica, non solo quantitativa, ma qualitativa, diventa ineludibile.