In una società sempre più connessa, in cui le informazioni viaggiano in tempo reale e spesso in maniera incontrollata, contrastare la diffusione delle fake news è uno dei compiti principali di stati ed aziende.

I big dell’informazione e i maggiori social network stanno facendo rete e mettono a disposizione le rispettive tecnologie per arginare il fenomeno. Eppure, i dati forniti per questo scopo sembrano essere essi stessi non esatti. È quanto emerge da una ricerca del New York Times, secondo il quale negli ultimi due anni Facebook avrebbe fornito ai ricercatori di fake news informazioni incomplete e fuorvianti su come gli utenti interagiscono con i post e i collegamenti sul sito Web.

Infatti, i dati forniti dalla società americana includerebbero solo le interazioni riferite a circa la metà dei suoi utenti negli Stati Uniti. Inoltre, la maggior parte degli utenti le cui interazioni sono state incluse nei rapporti sono quelli che si occupano di post politici abbastanza da rendere chiare le proprie inclinazioni. Maggior precisione sarebbe garantita per i dati degli utenti al di fuori degli USA.

Alla base dell’errore dovrebbe esserci un errore tecnico non meglio precisato da Facebook. Interessante notare che l’inesattezza è stata scoperta e segnalata da un professore dell’Università di Urbino, che ha confrontato i dati consegnati ai ricercatori con il “Widely Viewed Content Report” pubblicato ad agosto dallo stesso social network, e ha scoperto che i risultati non corrispondevano.

In seguito a tale scoperta alcuni altri ricercatori hanno provato a verificare a loro volta i risultati ma non è stato per loro possibile accedere ai dati utilizzati da Facebook, resi prontamente inaccessibili in attesa di bonifica.

Ad esempio, durante il mese di agosto, gli account associati al progetto NYU Ad Observatory non avrebbe avuto accesso ai dati. Il team ha provato ad utilizzare un’estensione del browser per raccogliere informazioni sugli annunci politici, ma il social network avrebbe interrotto anche questo tentativo, considerandolo scraping (raccolta di dati) non autorizzato.