Diritto di accesso, privacy e trasparenza: il caso Von der Leyen ci aiuterà ad aggiornare le norme?

Recentemente Emily O’Reilly, la mediatrice dell’UE, è stata chiamata ad esprimersi su una vicenda molto delicata, ovvero l’opportunità di avere accesso al contenuto delle chat di Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione UE. Come noto, nel diritto Ue, il Mediatore è un organo indipendente e imparziale che richiama le istituzioni e gli organismi europei a rispondere del loro operato e mira a promuovere la buona amministrazione.

In particolare, un giornalista del NY Times ha chiesto formalmente accesso alle conversazioni intercorse tra il presidente e l’amministratore delegato di Pfizer circa l’acquisto di 1,8 miliardi di dosi di vaccino da parte dell’Unione Europea per un importo pari a 900 milioni di euro.

La Commissione ha parzialmente rigettato la richiesta, affermando di non avere traccia degli SMS, ritenuti poco importanti e quindi non archiviati come invece accade ad altri tipi di comunicazioni.

Il diniego all’accesso della Commissione ha portato a una denuncia al Mediatore europeo, che ha fornito una raccomandazione in cui viene stabilito un precedente importante per l’evoluzione della trasparenza delle istituzioni (anche al di fuori di quelle dell’UE): il principio di trasparenza non è legato alla forma del documento o al supporto utilizzato per inviarlo o su cui è memorizzato, quello che conta è che il messaggio sia relativo a “politiche, attività e decisioni istituzionali”. O’Reilly ha infatti ritenuto che il comportamento della Commissione possa essere considerato come cattiva amministrazione, essendo anche i messaggi di testo all’interno del campo di applicazione della legge europea sull’accesso ai documenti.

Per questo motivo la Mediatrice ha richiesto che venga definita e applicata una procedura legata all’archiviazione dei messaggi di testo, che vanno quindi trattati al pari di documenti tradizionali o già individuati.

Questa raccomandazione può stimolare una riflessione sull’evoluzione delle norme in materia di trasparenza e sull’adeguatezza delle leggi rispetto alla realtà, anche tecnologica, in cui si esercita l’attività di governo. Infatti, salvaguardando ovviamente il diritto alla privacy e le comunicazioni di natura strettamente personale, è necessario che il diritto di accesso possa essere esercitato su tutti i documenti relativi allo svolgimento di funzioni istituzionali e all’uso delle risorse pubbliche, coinvolgendo quindi all’interno dello spettro delle norme sulla trasparenza, anche quei tipi di comunicazioni che ci sembrano di natura quotidiana, quali whatsapp, telegra, signal o messaggi di testo, e quindi innocui, o magari ritenuti un mezzo attraverso cui non possa essere esercitata l’attività decisoria. Al contrario invece, come per tutti noi, questi strumenti sono ormai di uso quotidiano e costante non solo per la sfera personale, ma anche per quella lavorativa, e pertanto possono essere considerati come uno strumento di lavoro vero e proprio.

Senza questo aggiornamento delle norme il rischio è che il diritto di accesso perda efficacia e che possa diventare semplice per chi governa non rendere conto delle proprie decisioni, contravvenendo ai principi democratici.