Ormai i bitcoin non sono più un oggetto misterioso, ma una valuta virtuale sempre più diffusa, non fosse altro perché la valuta più utilizzata nel caso di richiesta di riscatto a seguito di un attacco hacker andato a segno. Tuttavia, la recentissima sentenza n° 44337/2021 della II sezione penale della Corte di Cassazione pone, in maniera abbastanza fragorosa, una questione sul tavolo: i bitcoin possono essere considerati un prodotto finanziario?

In realtà, a discapito di certi toni assoluti utilizzati, la Cassazione non qualifica i bitcoin in maniera diversa da quella fino ad oggi utilizzata, ma stabilisce alcuni casi in cui la moneta elettronica può essere qualificata come prodotto finanziario. In particolare, si configura tale fattispecie quando la loro vendita venga reclamizzata come una vera e propria proposta di investimento.

Tuttavia oltre all’acquisizione di un prodotto che si ritiene abbia tale finalità, nulla ha detto la Suprema Corte circa il fatto che il prodotto in questione sia stato proposto o meno in una determinata veste, lasciando quindi la qualificazione di prodotto finanziario all’interpretazione del giudice. Infatti nel dispositivo la Corte si limita a rievocare il suo “consolidato” orientamento secondo il quale “ove la vendita di bitcoin venga reclamizzata come una vera e propria proposta di investimento, si ha un’attività soggetta agli adempimenti di cui agli artt. 91 e seguenti TUF”.

Una eventuale applicazione del TUF ai bitcoin infatti, aprirebbe a domande molto stringenti in materia di applicabilità (quando si applica il TUF e quando no), e di conseguenze anche sanzionatorie in caso di mancata conformità alla norma indicata.

Nella pronuncia in esame invece manca del tutto una valutazione sulle caratteristiche dell’asset e su come questo sia stato proposto dal proponente/venditore. Premesso che tali considerazioni possono essere valide per qualunque token oggetto di vendita o offerta, è evidente come sia ormai necessario colmare un vuoto normativo sulle valute digitali, che altrimenti rimarranno in una zona grigia del diritto, con potenziali effetti dirompenti sul sistema non solo giuridico ma anche e soprattutto economico.