Recentemente l’Italia ha annunciato i primi dettagli del piano per utilizzare l’app “Immuni” per tracciare le infezioni da coronavirus, nell’ambito della strategia di ripartenza dal blocco delle attività che vige ormai da due mesi.

L’Unione europea ha qualificato le app di localizzazione degli smartphone come “parte di una tabella di marcia” volta ad allentare le restrizioni che hanno causato ripide ripercussioni economiche, affermando che comunque le soluzioni devono minimizzare il trattamento dei dati personali degli utilizzatori.

L’app italiana si basa sul bluetooth, in conformità con le raccomandazioni dell’UE contro l’utilizzo della geolocalizzazione, ed è stato dichiarato che, come tutte le app che saranno sviluppate per mappare gli spostamenti, potrà essere utilizzate in modo anonimo e volontario.

Immuni accelererà il monitoraggio del contagio del coronavirus e contribuirà alla gestione della “fase due” dell’emergenza, ma le autorità dovranno necessariamente “convincere” almeno il 60% della popolazione italiana a farne uso, affinché i dati raccolti possano essere considerati una campione significativo e utile.

L’app verrà inizialmente pilotata in alcune regioni ed in seguito estesa a tutto il territorio nazionale e gli esperti hanno chiesto al governo di pubblicare il codice sorgente dell’applicazione, in modo che gli italiani possano avere un’idea più chiara di come funziona ed avere la possibilità di segnalare potenziali vulnerabilità.

Ogni smartphone emetterà regolarmente un codice ID anonimo che può essere raccolto da altri smartphone utilizzando la stessa app nell’area, entro pochi metri: se uno degli utenti dichiara di essere risultato positivo per il coronavirus, il sistema consente di informare le persone con cui sono stati vicini nei giorni precedenti.

L’app presenterà altresì una sorta di “diario clinico” in cui ciascun utente sarà in grado di memorizzare informazioni sul proprio stato di salute con la possibilità di aggiornarlo in caso di modifiche.

Le critiche relative a questo sistema non sono state irrilevanti ed un numero elevato di ricercatori provenienti da tutto il mondo ha immediatamente indicato i pericoli della sorveglianza di massa attraverso app progettate per centralizzare la raccolta dei dati.

Non solo i governi, ma anche colossi tecnologici come Apple e Google avevano rivelato la loro l’intenzione di sviluppare un’applicazione per il tracciamento dei contatti, rilanciando anche il dibattito sul l’efficacia di questi strumenti e sulla possibile restrizione del diritto alla privacy che conseguirebbe all’utilizzo di questi strumenti.